Le prime nebbie ammorbano la sua città. Spengono, come un estintore a polvere, i colori e i contorni. Lea non ama la stagione fredda e proprio non riesce a trovare qualcosa di positivo, di romantico, di seducente, in una giornata di nebbia. A casa, le luci sono tutte accese, al diavolo la bolletta. E il volume della radio è un po’ più alto del solito, che c’è bisogno di compagnia rumorosa. Si tuffa in un riordino straordinario per occupare i pensieri che, chissà perché, sono pure nebbiosi e non hanno nessuna intenzione di schiarirsi. Si sente inquieta e non ne comprende il motivo. Poi, in tv, notizie atroci. Sgomento, orrore, paura. Una telefonata ai figli con una scusa banale – ma stasera non è necessario essere credibili – per ascoltare le loro voci e rassicurarsi. Stanno bene, sembrano felici, sono sereni. Lea non riesce a distogliere lo sguardo dalle immagini che scorrono sullo schermo. S’informa, approfondisce, cerca – inutilmente – di capire. Ma è complicato, tutto è incredibile e complicato. Strano come ogni cosa muti quando il mondo si capovolge all’improvviso: ci si chiede come si sia potuto, prima, non aver gioito abbastanza. Forse non resta altro da fare: pregare e sperare che domani la nebbia si diradi e torni il sole.