Dal dentista, in attesa del proprio turno, Lea non è a suo agio. L’ambiente è confortevole: ampia, luminosa, arredata con gusto e semplicità, la sala invita a essere rilassati e tranquilli. Tra l’altro è solo una visita di controllo. Accanto a lei si accomoda una signora giovanile ma non giovane. Elegante, un sorriso appena accennato, le mani che – con movimenti lenti – frugano nella borsa, sistemano gli occhiali sul naso, carezzano una rivista; chissà se è agitata come lei. Lea accenna qualche frase sul tempo, sul caldo, l’attesa. La signora, grata, si avvicina. Le descrive minuziosamente il motivo della visita, poi, pian piano, si abbandona e inizia a raccontare. In pochi minuti compone il puzzle della sua vita, del presente, del passato e del futuro. Lea ascolta con attenzione, stupita come sempre del desiderio di condividere che spinge le persone a confidarsi con un estraneo, a narrare di sé. Le succede spesso che conoscenze occasionali le riassumano vite intere in pochi minuti. La conversazione con la signora però è piacevole. Ha una voce tranquilla, sorridente come i suoi occhi; si concede brevi pause per riordinare i ricordi e con leggeri gesti gentili le sfiora anche le mani, mentre parla. Quando l’infermiera chiama Lea – è il suo turno – non nasconde la delusione. Si salutano come vecchie amiche: forse, si rivedranno.

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