Aprile è stato un mese costoso. L’aggettivo forse è poco consono, ma ben rappresenta la realtà. Spese programmate, spese impreviste, qualche acquisto di troppo – perché di libri, teatro e cinema Lea non è mai sazia – e il budget mensile si è ridotto all’osso. Anche se mancano pochi giorni a maggio, quando incasserà crediti certi, nel frattempo occorre ridurre, limitarsi. Niente ristorante, per esempio. Le piace sempre uscire a cena con gli amici, che siano pasti frugali, una pizzata, oppure occasioni più ricercate. Rimanderà a tempi meno parchi. Stamattina, infatti, si aggirava tra le corsie del supermercato, decisa a circoscrivere la spesa all’indispensabile. Una puntata al banco del pesce fresco però è stata inevitabile. Come sempre ben presentato, odoroso, invitante. Ed eccole: in bella vista, ostriche freschissime. La prima e unica volta che le ha gustate risale almeno a un lustro fa; era a Marsiglia, ospite di amici che l’avevano trascinata in uno dei tipici, deliziosi, locali della città vecchia. Poi non è più capitata l’occasione ma Lea non ha scordato la sorpresa di quel sapore speciale. D’istinto ha telefonato a un’amica che è certa sappia destreggiarsi con pulitura e apertura dei molluschi – lei è davvero un’inetta – e che sa esserne altrettanto ghiotta. La trova disponibile ed entusiasta. Nel giro di dieci minuti la raggiunge e insieme completano l’acquisto. Dodici meravigliose ostriche da gustare a pranzo, con pepe e limone. Una follia. Una beatitudine