Una lunga coda di auto come formiche a passeggio: Lea si trova imbottigliata nel traffico e nemmeno sa perché. Lavori in corso forse o, peggio, un incidente.
Non ha fretta, ma l’attesa si prolunga e non sa che fare.
Il programma in radio non la interessa; prova a cercare un’altra stazione e lascia scorrere la musica a basso volume. Le auto sono sempre immobili.
Il rischio di abbandonarsi ai pensieri è forte e non vuole correrlo: teme che i problemi si aggroviglino nella mente creando pericolosi vortici. Si guarda intorno, ma il paesaggio non offre panorami interessanti. Sono in aperta campagna, nel nulla.
Un riordino della borsa potrebbe distrarla. Rovescia il contenuto della tracolla sul sedile accanto e trova la solita conferma. Ha con sé – come sempre – il necessario per ogni emergenza. Troppo in realtà, ma non trova del superfluo da eliminare. L’operazione finisce in fretta con qualche scontrino accartocciato e la constatazione di aver scordato a casa il cellulare. Un guaio nel guaio.
L’attesa si prolunga e i clacson cominciano a strombazzare, impazienti. Dopo venti interminabili minuti qualcosa si muove. Le auto riaccendono i motori e si avviano con lentezza esasperante. Poi il traffico diventa sempre più scorrevole e pare che nulla sia accaduto. Nessun cantiere stradale e – per fortuna -nessuna traccia di incidenti.
Nei prati brulli che costeggiano la strada provinciale una quantità imprecisata di pecore sembra fissare con sguardo serafico gli automobilisti che sfilano: “Dovevamo soltanto attraversare, sorry”.