Da “Il tubino nero” di F. Sagan
 <…Nella mia vita il riso è stato importante come l’amicizia e, molto spesso, l’ha accompagnata, diciamo anche duplicata. E’ stato, e resta uno degli elementi essenziali della mia esistenza quotidiana. Ho avuto fortuna in questo: prima, perché sono nata in una famiglia dove i bambini, per spiegare le loro sciocchezze, dicevano “Si, ma come ci siamo divertiti!” e anche se non era una scusa sufficiente, era almeno una circostanza attenuante. Una famiglia dove ognuno aveva un senso diverso dell’umorismo, ma tutti si divertivano anche con quello degli altri; una famiglia dove la gentilezza che ti veniva richiesta non escludeva l’ironia, anzi spesso la invitava.
E poi, dopo, ho avuto la fortuna, il tempo, l’occasione, la possibilità di frequentare delle persone che erano divertenti e che diventavano per questo motivo dei veri amici, dimostrandosi anche aperti all’amicizia.Perché nel gusto di ridere, nell’uso frequente (non parlo del riso sarcastico, forzato, né amaro né diabolico, parlo del riso che nasce dalle cose comiche e strampalate o dall’orrore dell’esistenza), c’è, io credo, nel ridere, un abbandono, una generosità, in poche parole un’innocenza  o il rimpianto dell’innocenza. In ogni caso un gusto che si prova per essa, un gusto che non va per niente d’accordo con la così facilmente mediocre cattiveria.
Le persone cattive, le persone avide, le persone avare, le persone prudenti non si fidano del riso perché il riso distende i nervi, e anche, in loro, una corda che preferiscono mantenere tesa. L’aspetto, la parte rilassata del riso li inquieta, li innervosisce, li spinge addirittura al disprezzo, un disprezzo silenzioso, e tanto contento di esistere in silenzio da diventare ignobile.
Ma quale gioia scoprire questo compiacimento da chi non fa che sorridere alle vostre battute!  E quale gioia soprattutto quando qualcuno piange per queste battute o ride a squarciagola!…>
Share This
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: