E’ sera. Le ombre si allungano nella casa; quel che andava fatto in questa giornata già è stato fatto. Un lunedì come tanti, di lavoro, acquisti, incontri, noie, sorrisi, problemi da risolvere e risolti. Lea non ha appetito: a pranzo si è concessa, nel bistrot accanto all’ufficio, un abbondante primo e un dolce, al diavolo bilancia e colesterolo. La cena quindi si è risolta con un tè aromatizzato – adora il tè – e qualche biscotto alla nocciola e cannella. La tazza tiepida ancora in mano, si aggira per casa: la tv in sottofondo regala immagini e musica a basso volume. Lea scosta le tende e getta occhiate distratte al mondo fuori, immersa in un canestro di pensieri. Troppi. Il suono inconfondibile di un messaggio cattura la sua attenzione. E’ un saluto, un come stai, di un collega – quasi un amico – che non vede e non sente da mesi; per la precisione da quando si è trasferito, per lavoro, in un’altra città. A suo tempo avevano un rapporto cordiale, divertente, complice. Senza riflettere Lea chiama, che rispondere al messaggio le pare poco: non pensa all’ora, non si chiede dove lui possa essere e con chi. Quaranta minuti dopo, sorridendo tra sé, ringrazia il suo istinto che le ha regalato una piacevolissima chiacchierata, un ascolto attento, molte risate e un appuntamento per il prossimo sabato. La settimana, adesso, sembra proprio iniziata bene.