Davanti a un aperitivo analcolico e colorato, chiacchieravo ieri con un amico.
Da tempo non ci si trovava e dovevamo aggiornarci a vicenda sugli accadimenti degli ultimi anni. Al suo turno (di solito, in queste occasioni, non mi trattengo e comincio io), ha esordito confessando insoddisfazione e malinconia.
La sensazione che, a un certo punto della vita, gli anni corrano più veloci del solito e ci si adegui al loro ritmo senza riuscire a opporre resistenza.
Che è anche vero, in effetti. Ma il mio amico parlava di “inconcludenze”: deluso, sente di aver realizzato pochi dei suoi sogni e di aver rallentato molto. Pensava di poter morsicare la vita, assaggiando qua e là e saziandosi del cibo migliore e invece si è trovato a fare i conti con un succedersi lento e inevitabile di fatti, cose, tempi.
Ora, mi diceva, si sente troppo oltre. Oltre l’età giusta per osare, per trasgredire, per combattere, per godere. Lo sfogo malinconico è durato pochi attimi, forse meno di quelli che ho impiegato io per scriverne.
Poi, con sorriso aperto e voce allegra, mi ha raccontato della sua famiglia (tre figli sereni e una moglie dolce), del lavoro (che comunque ama e lo appaga), delle passioni che riempiono il suo tempo libero (sport, fotografia, musica).
Ho sorriso con lui e insieme abbiamo convenuto che vive una vita piena e felice, che ha pochi e banali problemi, che la salute non manca. Nessuna difficoltà economica. Non assume ansiolitici e la notte dorme sonni tranquilli.
Ora, ci siamo chiesti entrambi, non c’è forse di che essere soddisfatti? Di sentirsi realizzati, compiuti, vincitori? Sì, sicuramente sì.
Abbiamo costruito bene e molto; raggiunto traguardi che per alcuni sono purtroppo un miraggio.
Assolviamoci.