Conosco uomini (e donne) che considerano inevitabilmente monotone le loro giornate. Gli stessi orari, le stesse faccende, i medesimi appuntamenti, i soliti amici. L’abitudine conforta e rassicura, è un bozzolo protettivo: perché abbandonarlo?
Ieri invece un’amica mi ha raccontato della sua personale rivoluzione.  Dopo un lungo periodo – faticoso e travagliato – aveva cercato e trovato un po’ di pace e di serenità. Si era regalata un fermo immagine durato anni.
Poi, una mattina, indugiando a letto per qualche minuto, si è scoperta annoiata, vincolata in giornate sempre uguali. Anche nelle piccole cose, i suoi gesti erano identici da tanto tempo. Così si è inventata una “rivoluzione lenta”: niente stravolgimenti o stravaganze, nessun cambio d’immagine o di guardaroba. Ha solo introdotto ogni giorno qualche modifica alla sua routine.
Esempi? Ha sostituito gli ingredienti della prima colazione, spostato il tavolo da pranzo,  cercato e trovato percorsi alternativi per raggiungere l’ufficio, cambiato parcheggio, ha rintracciato amici e amiche che non vedeva da tempo.
Ogni domenica ora assiste alle funzioni religiose in una chiesa diversa della sua città. Quando acquista un libro, sceglie a occhi chiusi nella sezione “novità” della libreria, velocemente, perché nessuno la noti.
E per la prima volta in vita sua, andrà in vacanza – sola –  in crociera.
Nessuno si è accorto della sua personale rivoluzione e,  prima che a me, pare non ne abbia fatto parola. Confesso che il suo racconto mi ha divertito e intenerito.
Confesso anche che stamattina, a colazione, ho mangiato yogurt e cereali. Per la prima volta.

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