Salone Libro

 

 

 

Il Salone del  Libro è un posto strano.  Mi affascina e mi disorienta ogni anno. Perché ogni anno, salvo qualche rarissima eccezione, è un appuntamento irrinunciabile. Intanto, il profumo:  l’odore inconfondibile della carta stampata aleggia ovunque; poi, i colori: degli stand, delle locandine, delle copertine dei libri. Infine, il rumore: mille voci, microfonate o meno, risuonano l’una sull’altra lungo i padiglioni immensi. Quanti libri ci saranno, al Salone del Libro? Un’infinità.  Appena usciti, di vecchia data, classici intramontabili, sperimentali. E poi ci sono gli incontri; purtroppo ogni anno mi perdo i migliori appuntamenti perché,  potendo scegliere, privilegio le ore di minima ressa e i giorni feriali. Ovvio che gli scrittori più famosi e gli incontri speciali abbiano invece collocazione nei momenti di maggiore afflusso di visitatori. Però qualche eccezione c’è sempre e me la godo con piacere. Tappa d’obbligo le case editrici più famose e quelle – sicuramente meno conosciute – che pubblicano poesia. Acquisto sempre e devo frenare la tentazione di esagerare. Anche se so bene di sborsare più di quel  che pagherei  con i miei consueti e scontatissimi acquisti on line. Ma puoi uscire dal Salone del Libro senza averne acquistato almeno uno? Quest’anno la mia lista dei desideri era parecchio lunga, ma l’ho decimata strada facendo.  Mi sono limitata a quattro volumi.  Ho fatto invece incetta di – gratuiti – segnalibri, oggetti che adoro. Una cosa è certa: ogni anno esco da lì appagata e sorridente. Nemmeno mi so ben spiegare perché; ma è una sensazione che – senza dubbio – vale il viaggio a Torino e la stanchezza di fine giornata.

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